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L'esperto ANUSCA Claudio Pagano ci segnala questo interessante quesito con risposta curata dal Ministero dell'Interno:


Si fa riferimento alla nota sopradistinta con la quale codesta Prefettura ha
trasmesso il quesito del Comune di ... relativo alla questione segnalata in
oggetto.
Al riguardo, si osserva preliminarmente che l'art. 38, c. 2, del decreto legislativo
n. 267/00, demanda al regolamento comunale, "... nel quadro dei principi stabiliti
dallo statuto", la determinazione del numero dei consiglieri necessario per la
validità delle sedute.
Unico limite indicato dal legislatore è che detto numero non può, in ogni caso,
scendere sotto la soglia del "terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente,
senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia".
Il legislatore statale si è, quindi, limitato a stabilire una soglia minima,
inderogabile, di presenze nel consiglio comunale, rimettendo all'autonomia
normativa dell'ente la determinazione del numero legale per la validità delle
sedute, implicante anche la possibilità di stabilire maggioranze qualificate per
l'adozione di determinati atti deliberativi sui quali si reputi che debba convergere
un più elevato numero di consensi.
In merito alla specifica fattispecie, codesta Prefettura ha segnalato che alla
seduta erano presenti 14 consiglieri su 17 assegnati e la deliberazione ha
ottenuto 4 voti favorevoli e 1 voto contrario, mentre 9 consiglieri si sono astenuti
dal voto.
La questione prospettata concerne l'eventuale computabilità degli astenuti tra i
votanti e dunque se, nel caso specifico, ferma restando la necessità
dell'approvazione da parte della maggioranza dei presenti, la deliberazione
debba intendersi non approvata.
Al riguardo, si ritiene che gli astenuti, anche in assenza di una specifica
previsione regolamentare, concorrono alla formazione del c.d. "quorum
strutturale", cioè alla formazione del numero minimo di consiglieri necessario per
la validità della seduta. Del resto, anche il richiamato T.U.O.E.L. n. 267/00,
all'articolo 78, c. 2, impone agli amministratori l'astensione dal prendere parte
alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro
parenti ed affini fino al quarto grado.
In presenza di una situazione diffusa di astensioni, se non si ammettesse la
formazione del quorum strutturale, il funzionamento del consiglio comunale
potrebbe risultare compromesso.
Proprio per l'esigenza di garantire la funzionalità dell'assemblea deliberante, in
carenza di apposite disposizioni regolamentari, si ritiene, invece, che gli astenuti
debbano essere esclusi dal calcolo del quorum funzionale e le deliberazioni
vengono approvate in presenza di una maggioranza di voti favorevoli.
Tale assunto è dettato in analogia alla previsione contenuta nell'art. 48 del
regolamento della Camera dei Deputati, per cui per l'approvazione delle
deliberazioni dovranno essere conteggiati i soli votanti, compresi coloro che
hanno votato scheda bianca, nulla o non leggibile, ed esclusi gli astenuti.
Una interpretazione diversa, nel senso di considerare l'astensione equivalente
nei fatti a un voto contrario, non sarebbe giustificata laddove è previsto il voto
favorevole, il voto contrario e l'astensione.
Pertanto, ribadendo l'opportunità dell'adozione di norme regolamentari che
definiscano inequivocabilmente il quorum funzionale, si ritiene che riguardo alla
fattispecie segnalata, la deliberazione, che ha ricevuto un numero superiore di
voti favorevoli rispetto ai voti contrari, dovrebbe intendersi approvata. (V.
sentenza C.d.S. n. 3372/2012 del 7.06.2012).

 
 
 
 
 
Valentini Alessio.