testata per la stampa della pagina

 Nei giorni scorsi abbiamo appreso dalla stampa la notizia che il Tribunale di Padova ha accolto la richiesta di una coppia di iscrivere la figlia, nata morta, nei registri dello stato civile del Comune di residenza. Le informazioni pubblicate risultano peraltro imprecise, come spesso accade in questi casi, e non contribuiscono a fare chiarezza su un caso estremamente delicato, sia per quanto attiene i sentimenti delle persone coinvolte sia per i risvolti di carattere etico e giuridico connessi alla vicenda. Il comportamento professionale e rispettoso delle leggi viene qualificato come "burocratico", in una accezione ovviamente negativa di tale termine, con valutazioni che hanno il loro fondamento sull'ignoranza delle specifiche competenze e delle norme di legge che disciplinano in ambito nazionale i servizi di stato civile e di anagrafe.
Esaminiamo quindi nel dettaglio quanto verificatosi.
Nel gennaio 2012 veniva presentata una richiesta scritta all'ufficiale di stato civile di procedere ad iscrizione tardiva di atto di nascita presso il registro di stato civile con riferimento ad un evento riguardante un feto nato morto quattro anni prima presso una struttura ospedaliera. Il feto, secondo quanto dichiarato dai genitori, risultava avere compiuto un'età gestazionale di 27 settimane. Nella certificazione medica allegata, a cui fa riferimento anche il Tribunale di Padova, si attesta una espulsione del feto alla presunta età gestazionale intrauterina di 26 settimane + 3 giorni.
L'ufficiale di stato civile comunicava l'impossibilità di accogliere la richiesta di registrazione tardiva della nascita con riferimento al fatto che l'Autorità sanitaria, unica competente a stabilire in tali situazioni se si tratti di bambino nato-morto o di prodotto abortivo, non aveva rilasciato un'attestazione di nascita con l'indicazione di "nato-morto", ma aveva ritenuto nel caso specifico si trattasse di prodotto abortivo provvedendo, quindi, ad espletare le conseguenti incombenze consistenti nel rilascio del permesso di seppellimento e di trasporto.
Di seguito interveniva ordinanza del Giudice monocratico, a seguito ricorso degli interessati contro il diniego dell'ufficiale di stato civile, con la quale veniva ordinato all'ufficiale di stato civile di iscrivere nel proprio registro l'evento in questione, per le motivazioni seguenti:
-         l'ufficiale di stato civile è competente a procedere all'iscrizione nel proprio registro solo quando nell'attestazione dell'atto di nascita, debitamente sottoscritto, figura la dicitura "nato morto";
-         nel certificato di nascita, sottoscritto dal medico dell'unità operativa di ostetricia e ginecologia dell'ospedale, compariva l'indicazione "nato morto" (è evidente che in realtà si trattava di una certificazione sanitaria nda);
-         in tema di dichiarazione di nascita è necessario distinguere tra momento informativo e momento amministrativo;
-         il richiamo al termine "prodotto abortivo" nel caso specifico ha finalità strettamente amministrative al fine di consentire il trasporto delle spoglie secondo quanto previsto nel Regolamento di polizia mortuaria DPR 285/1990 all'art.7.
Poiché tale provvedimento risultava viziato da incompetenza, l'ufficiale di stato civile provvedeva alla sua restituzione, informandone anche la Procura della Repubblica, con la motivazione che, nella specifica fattispecie, spettava al Tribunale, in camera di consiglio, sentito il Procuratore della Repubblica, decidere sul ricorso in questione (art. 96 DPR396/2000 Regolamento di stato civile).
Il Procuratore proponeva, a propria volta, reclamo al Tribunale ordinario di Padova in composizione collegiale, contro il decreto emesso dal Giudice monocratico.
Il Comune, costituitosi in giudizio, provvedeva al deposito di propria memoria difensiva nella quale si ribadiva la piena correttezza, dal punto di vista sostanziale, dell'operato dell'ufficiale di stato civile per quanto concerne
-         il rilievo in merito all'illegittimità del provvedimento emesso dal Giudice monocratico sotto il profilo dell'incompetenza per materia e/o funzionale con riferimento a quanto disposto all'art. 96 DPR396/2000,
-         il diniego dell'iscrizione tardiva nel registro di stato civile in applicazione degli artt.31 e 37 DPR396/2000, evidenziando che "la competenza ad individuare il discrimen tra feto nato morto e prodotto abortivo non è dell'ufficiale di stato civile bensì del medico". Nello specifico veniva prodotta relazione del medico-Direttore dell'Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale, luogo dell'evento, in cui si evidenziava che solo dopo le 28 settimane di gestazione il personale ostetrico provvede al rilascio di attestazione di nascita da prodursi al Comune mentre, in caso diverso, il feto nato-morto è considerato prodotto abortivo e non comporta denuncia di nascita.
Il Tribunale di Padova, esaminati gli atti delle parti, ha accertato l'incompetenza funzionale del Giudice monocratico dichiarando nullo il relativo provvedimento, e ha ritenuto comunque di assumere una decisione sulla questione proposta dagli interessati, disponendo la formazione tardiva dell'atto di nascita a cura dell'ufficiale di stato civile secondo le indicazioni contenute nella richiesta presentata dai genitori, che è stata ritenuta fondata, sulla base delle considerazioni che di seguito si evidenziano.
E' pacifico, sostiene il collegio giudicante, che la donna abbia espulso spontaneamente un feto alla presunta età gestazionale di 26 +3 settimane gestazionali, nato morto, come attestato nel certificato rilasciato dall'Azienda ospedaliera e prodotto dagli interessati. D'altro canto l'art.37, c.1, del DPR396/2000 non precisa una specifica età gestazionale e il certificato medico previsto è solo finalizzato a certificare se il bambino sia nato morto o sia morto successivamente alla nascita, circostanza che viene comprovata in modo adeguato dal certificato prodotto che comprova altresì quanto dichiarato dagli interessati. Tale distinzione per il fatto che il "certificato di morte" è redatto solo in caso di morte successiva alla nascita.
Inoltre l'età gestazionale, sostiene il Giudice, è considerata rilevante solo ai fini delle norme di polizia mortuaria, e non anche ai fini della formazione dell'atto di nascita, come si desume anche dal primo comma dell'art.7 DPR285/1990 che fa salve le disposizioni dell'art.74 del precedente ordinamento di stato civile R.D. 1238/1939, per cui la qualificazione come prodotto abortivo del feto è del tutto ininfluente ai fini dell'iscrizione nei registri di stato civile.
Quest'ultima conclusione a cui giunge il Tribunale di Padova non appare a mio avviso condivisibile.
In primo luogo nell'esecuzione della propria attività l'ufficiale dello stato civile è tenuto a dare applicazione alle norme di legge e alle istruzioni impartite dal Ministero dell'Interno (in precedenza Ministero di Grazia e Giustizia) senza incorrere in valutazioni di tipo discrezionale, data del resto la tipicità che caratterizza gli atti di stato civile. Le vigenti disposizioni che regolano la formazione di atto di nascita a seguito dichiarazione tardiva sono contenute nel regolamento di stato civile, più volte citato.
Nello specifico l'art.31 precisa che l'ufficiale di stato civile può procedere alla formazione dell'atto di nascita oltre i 10 giorni dall'evento alla duplice condizione che il dichiarante motivi le ragioni del ritardo e produca, quando la nascita sia avvenuta con assistenza di personale sanitario, come nella situazione in esame, un'attestazione di avvenuta nascita, contenente le generalità della puerpera e le indicazioni del Comune, ospedale/luogo in cui la nascita è avvenuta, giorno e ora della nascita, sesso del bambino. Queste disposizioni sono mutuate dalla Legge 15 maggio 1997 n. 127, in applicazione della quale il Ministero di Grazia e Giustizia, in una propria circolare( n. 1/50-FG-40/97/U88 del 22 febbraio 1999 in G.U. n. 46 del 25 febbraio 1999), ha emanato alcune direttive per quanto concerne la formazione dell'atto di nascita, sostituendo al certificato di assistenza al parto (art.18,c.2, R.D.218/1936), la produzione di una attestazione di nascita contenente i soli dati necessari per la formazione dell'atto di nascita, con esclusione dell'indicazione del nome. Questo documento, redatto esclusivamente dal personale sanitario su specifici modelli, riguarda il fatto fisiologico dell'avvenuto parto e serve a provare che è nato un bambino e da chi è nato, per consentire poi la registrazione della nascita. Infatti è compilato e sottoscritto dall'osterico/a o medico chirurgo e in esso sono contenute queste indicazioni: e' nato un bambino di sesso.... di vitalità ....(é precisato se nato vivo oppure nato morto) indicare se vivente al momento dell'attestazione (si barra SI' o NO).Un originale è conservato agli atti della struttura sanitaria, un altro è predisposto per la consegna all'ufficiale di stato civile. L'attestazione di nascita, sempre secondo le vigenti disposizioni, non può essere sostituita da alcun altro documento e non è accessibile ad altri soggetti privati diversi dai genitori.
Ora nel ricorso presentato dagli interessati è stata confermata in modo indiretto la mancata presentazione dell'attestazione di nascita, prescritta dal Regolamento di stato civile, poiché si afferma che la certificazione dell'ospedale, allegata alla richiesta rivolta all'ufficiale di stato civile, era stata rilasciata ai soli fini del trasporto funebre, secondo quanto prevede il regolamento di polizia mortuaria, e non quindi quale attestato dell'avvenuta nascita di bambino da produrre per la formazione dell'atto di nascita. Anche il giudice collega il certificato medico prodotto dai genitori alle prescrizioni di cui all'art.37 DPR 396/2000 (ex art.74 del precedente ordinamento di stato civile R.D. 1238/1939), rilevanti solo al fine di stabilire se si debba formare l'atto di nascita con indicazione della circostanza che trattasi di nato morto, oppure si debba procedere alla formazione dei due atti, di nascita e di morte, trattandosi di bambino morto posteriormente alla nascita, per poi fare riferimento a quanto stabilito all'art.7 del regolamento di polizia mortuaria, DPR285/1990 per il trasporto e il seppellimento delle spoglie mortali.
Il diniego dell'ufficiale di stato civile era dunque atto dovuto, in quanto lo stesso art.31, al secondo comma, stabilisce in modo inequivocabile, che la dichiarazione di nascita tardiva, senza l'indicazione di un motivo e in assenza di documentazione sanitaria, che in questa fattispecie doveva consistere esclusivamente nell'attestazione di avvenuta nascita per il rinvio operato all'art.30 commi 2 e 3, non può essere ricevuta. Si ricorda, altresì, che per precisa disposizione già evidenziata, tale documento non è sostituibile da altra certificazione.
A questo punto, ritengo che l'ufficiale di stato civile avrebbe potuto/dovuto scegliere un diverso modus operandi: in applicazione delle norme sul procedimento amministrativo, dopo il preavviso di diniego (L.241/1990 art.10 bis), in assenza di osservazioni e documenti pertinenti ad una soluzione positiva del caso da presentarsi a cura degli interessati, non rimaneva che confermare le ragioni che impedivano di accogliere la richiesta dei genitori.
Di seguito, sempre all'art.31 citato, il legislatore indica gli adempimenti per l'ufficiale di stato civile: egli doveva informare prontamente il Procuratore della Repubblica, precisando in modo dettagliato i motivi del rifiuto, comunicandoli altresì agli interessati (art.7 DPR396/2000). Spettava poi al Procuratore promuovere il giudizio presso il Tribunale che, accertata la sussistenza delle condizioni prescritte dalle leggi vigenti, avrebbe emesso la decisione con cui autorizzava o meno l'ufficiale di stato civile a ricevere la dichiarazione tardiva. In caso positivo l'ufficiale di stato civile avrebbe provveduto all'iscrizione nella parte I serie B dei registri di nascita, citando il decreto autorizzatorio.
Nella situazione delineata invece il Tribunale di Padova ha deciso di considerare l'iniziale richiesta dei genitori di formazione dell'atto di stato civile ai sensi degli artt.95 e 96 DPR396/2000 ed ha quindi disposto una formazione tardiva dell'atto di nascita da realizzarsi nella parte II serie B dei registri.
Ritengo, comunque, che non possano sussistere dubbi sul fatto che in situazioni di questo tipo, o comunque analoghe, non compete all'ufficiale di stato civile stabilire se si tratti di bambino nato morto o di prodotto abortivo: la qualificazione o meno del feto come prodotto abortivo o come nato-morto è senza dubbio antecedente rispetto alla possibile richiesta di formazione di atto di nascita e attiene alla competenza dell'Autorità sanitaria che deciderà se rilasciare o meno l'attestazione di nascita per consentire la dichiarazione di nascita. Anche nell'ipotesi di una richiesta formulata dai genitori entro i dieci giorni previsti nell'art.30 DPR396/2000, il comportamento dell'ufficiale di stato civile dovrà essere analogo, nel senso che non sarà possibile procedere in assenza di attestazione di nascita rilasciata dal centro di nascita. Senza di essa l'ufficiale di stato civile non può procedere quando l'evento si è verificato in presenza di personale medico. E questo è quanto è stato precisato e ribadito in modo ineccepibile dall'ufficiale di stato civile nel rifiutare la richiesta degli interessati.
L'assenza dell'attestato fa supporre che la valutazione del medico in questo caso lo abbia indotto a considerare il feto come prodotto abortivo.
Le disquisizioni sviluppate dagli interessati e riproposte nel provvedimento dell'Autorità giudiziaria relativamente alla definizione del prodotto del concepimento quale aborto o nato-morto non afferiscono alla materia dello stato civile bensì a quella sanitaria e non sono state oggetto di disamina, come è corretto che sia, da parte dell'ufficiale di stato civile.
La questione è comunque estremamente rilevante per le conseguenze negli ambiti sanitario e giuridico e non può che essere affrontata se non con riferimento alle norme vigenti nella specifica materia. In Italia la legislazione individua un criterio temporale per attuare una distinzione tra aborto e nato morto: nel DPR 1026/1976 Regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici, all'art.12 si stabilisce che rientra nella prima fattispecie l'interruzione spontanea della gravidanza fino al 180° giorno dall'inizio della gestazione (25 settimane + 5 giorni) e nella seconda, il feto partorito dopo il 180° giorno dall'inizio della gestazione senza che vi sia stata respirazione al momento del parto.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità stabilisce, invece , indipendentemente dall'età gestazionale, un criterio ponderale per cui si considera aborto l'espulsione o estrazione dal corpo materno di un feto di peso inferiore ai 500 gr.; si ritiene nato morto un feto di peso pari a 500 gr o più che alla nascita non mostra alcun segno di vita.
Le indicazioni scientifiche nel merito non sono pertanto uniformi e sussistono significative differenze anche tra le legislazioni dei diversi Stati europei.
Il Regolamento di polizia mortuaria individua, a propria volta, tre diverse fasi della gestazione a cui associa interventi diversi connessi al trasporto e sepoltura del feto: meno di 20 settimane, tra le 20 e le 28 settimane, oltre le 28 settimane.
Per concludere è il medico che, considerando il caso specifico e tenendo conto delle disposizioni che si ricavano dalle norme di legge nonché dalle raccomandazioni diramate dal Ministero della Salute, deve valutare, di volta in volta, se si tratti di bambino nato-morto o di altra fattispecie e redigere la documentazione per gli adempimenti conseguenti. Da ciò conseguirà la possibilità o meno di procedere a registrare la nascita presso il Comune.
E' indispensabile, dunque, che le specifiche competenze, degli ufficiali di stato civile e del personale sanitario, in materie così delicate rimangano distinte e che, soprattutto, siano ben conosciute e comprese, ad evitare che esempi di ottima professionalità siano sminuiti o non riconosciuti quando, nella realtà, le difficoltà che i cittadini incontrano derivano spesso dall'assenza di norme legislative tra loro coerenti nonché di istruzioni precise da parte delle Autorità competenti.
 

 

Marina Caliaro - ESPERTO ANUSCA
 


 
 
 
Valentini Alessio.