Le misure disposte per il contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid19 comportano la limitazione di diversi diritti costituzionali, tra i quali la libertà di movimento con importanti ricadute in una molteplicità di settori tra cui l'esercizio delle attività di culto. Tuttavia, la chiusura delle chiese non è prevista, salvo eventuale autonoma diversa decisione
dell'autorità ecclesiastica.
Con apposita nota, indirizzata a Mons. Ivan MAFFEIS - Sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana - ad oggetto "Quesiti in ordine alle misure di contenimento e gestione dell'emergenza
epidemiologica da Covid-19. Esigenze determinate dall'esercizio del diritto alla
libertà di culto", il Ministero dell'Interno conferma che non rientrano nel divieto normativo le celebrazioni liturgiche senza il concorso dei fedeli e limitate ai soli celebranti ed agli
accoliti necessari per l' officiatura del rito, in quanto coinvolgono un numero ristretto di persone e con il rispetto delle opportune
distanze e cautele, non rappresentano assembramenti o fattispecie
di potenziale contagio. Ciò che è vietato è qualsiasi forma di assembramento o raggruppamento delle persone che potrebbero diventare potenziali occasioni di
contagio.
Anche le celebrazioni dei matrimoni non sono vietati in sé, ma la norma inibisce le cerimonie pubbliche, civili e religiose, al fine di evitare assembramenti
che siano occasione di contagio virale: "Ove dunque il rito si svolga alla sola presenza del celebrante, dei nubendi e dei testimoni - e siano
rispettate le prescrizioni sulle distanze tra i partecipanti - esso non è da ritenersi tra le fattispecie
inibite dall'emanazione delle norme in materia di contenimento dell'attuale diffusione epidemica di
Covid-19".
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