La Corte di Cassazione con la sentenza n.13000 del 15 maggio 2019 ha affermato che "in caso di nascita mediante tecniche di procreazione medicalmente assistita, l'art. 8 della legge n. 40 del 2004 sullo status del nato con PMA si applica - a prescindere dalla presunzione ex art. 234 c.c. - anche all'ipotesi di fecondazione omologa post mortem avvenuta utilizzando il seme crioconservato del padre, deceduto prima della formazione dell'embrione, che in vita abbia prestato, congiuntamente alla moglie o alla convivente, il consenso, non successivamente revocato, all'accesso a tali tecniche ed autorizzato la moglie o la convivente al detto utilizzo dopo la propria morte".
- Fonte: sito Corte di Cassazione
Il citato art. 8 della Legge n.40/2004 recita "1. I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell'articolo 6".
Pertanto, in caso di nascita in Italia conseguente a una fecondazione omologa post mortem l'Ufficiale di stato civile competente forma l'atto di nascita con indicazione delle generalità di entrambi i genitori attribuendo al nato il cognome del padre defunto, a condizione che chi rende la dichiarazione di nascita possa attestare che il defunto, in vita, aveva dato il consentito all'accesso alle tecniche insieme alla moglie o alla convivente e aveva autorizzato l'una o l'altra all'impiego post mortem del proprio seme crioconservato.
- cfr. Sentenza Corte Cassazione - Prima Sezione civile n. 13000 del 15 maggio 2019.
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