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legislazione

Si riporta un interessante disegno di legge costituzionale, sull'oggetto "accesso a Internet" come diritto costitruzionalemente garantito si riporta la relazione introduttiva e l'articolo proposto:"
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
d'iniziativa del senatore CAMPANELLA
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 10 LUGLIO 2014
Introduzione dell'articolo 34-bis della Costituzione, recante disposizioni volte al riconoscimento del diritto di accesso ad internet.
Onorevoli Senatori. -- Viviamo oggi in una società profondamente segnata non solo da un'ormai nota crisi economica, ma anche e soprattutto da istanze di cambiamento molto forti e, a volte, destabilizzanti. Viviamo in una fase storica di passaggio, di transizione tra quelli che erano i tradizionali assetti istituzionali, con i relativi meccanismi tanto di esercizio quanto di tutela delle situazioni giuridiche soggettive, e i nuovi modelli di democrazia, con il riconoscimento di nuovi o più ampi diritti. La società civile, i suoi interessi e i suoi bisogni stanno rapidamente cambiando, mentre le istituzioni arrancano, dimostrando scarsa elasticità e quindi sempre minore aderenza e corrispondenza alla società reale. Tutto ciò ha generato un nuovo e più intenso bisogno di diritti, il cui riconoscimento ed esercizio è richiesto a gran voce, trasversalmente, da più parti. Questo anelito verso una nuova dimensione dei diritti umani può essere soddisfatto grazie al riconoscimento e alla valorizzazione della portata innovativa di internet; tanto più se oggi l'accesso alle reti è diventato una componente essenziale della cittadinanza.
Riconoscere l'accesso ad internet come un diritto costituzionale potrebbe, infatti, soddisfare le esigenze delle moderne democrazie, permettendone sviluppi ulteriori e più efficienti modalità di partecipazione democratica e di social innovation.
In via preliminare, sono tre le esigenze e i bisogni di cui la società civile chiede riconoscimento e tutela:
a) l'accesso ai servizi (c.d. inclusion); si sta sempre più diffondendo una nuova concezione della società (c.d. pay-per-use society), che non è più basata sull'istituto della proprietà bensì sull'accesso ad un bene che sarà quindi comune e disponibile per tutti. Essere proprietari di un bene infatti non è più l'unico modo per godere di questo, l'importante è che ne venga assicurato l'accesso quando se ne ha bisogno. Questa semplice quanto innovativa esigenza, spostando il baricentro della società dal diritto di proprietà al diritto di accesso, realizza una vera e propria rivoluzione giuridica che le istituzioni non possono ignorare;
b) nuove possibilità di formazione e crescita tanto dei singoli quanto dei gruppi sociali; la tecnologia offre oggi nuove, più accessibili e complete forme di progresso per i cittadini, i quali hanno così la possibilità di maturare una professionalità maggiore sia in ambito nazionale che internazionale e mondiale. L'accesso ad internet aiuta a rinnovare e migliorare il modo di concepire l'apprendimento, non tanto grazie all'utilizzo sic et sempliciter di nuovi strumenti tecnologici, ma soprattutto perché permette uno studio dinamico, multidirezionale, trasversale e alla portata di tutti. E ciò al fine di meglio istruire non solo i giovani ma anche gli anziani, superando la c.d. analfabetizzazione informatica, affinché l'accesso ad internet sia effettivamente un diritto di tutti. Le nuove modalità di comunicazione telematica ci offrono oggi, come si dice, la possibilità di «think global, act local»;
c) nuove professionalità; anche in Italia stanno lentamente emergendo non solo nuove possibilità di esercizio dei lavori tradizionali ma anche nuove realtà lavorative, nuovi mercati, nuove e «innovative» imprese (cosiddette start up) che stanno sempre più costituendo un fertile terreno per una ripresa economica e che, quindi, non devono essere ostacolate, bensì favorite e messe in condizione di confrontarsi e relazionarsi con la forte concorrenza estera. La promozione di internet permetterebbe la trasformazione e la semplificazione tanto della macchina economica che burocratica.
Queste tre fondamentali esigenze diventano così i principi ispiratori e gli obiettivi della presente proposta di costituzionalizzazione del diritto di accesso ad internet, proposta che è a tutto vantaggio dell'Italia e degli italiani. Realizzare riforme in materia di internet, diritto dei nuovi media o sul digitale in generale non è cosa facile.
Per prima cosa, il tema del digitale è trasversale a tutti i campi del diritto e della vita sociale, e ciò impedisce di parlare di questi argomenti senza tener conto dei riflessi e delle influenze che ogni loro introduzione può avere su tutti gli altri settori dell'ordinamento. In secondo luogo l'evoluzione tecnologica è così repentina che molto spesso una legge regolatrice di alcune tecnologie rischierebbe di: diventare presto obsoleta, cristallizzare procedure e attività non più corrispondenti alla realtà pratica, impedire e arrestare la naturale evoluzione e il progresso di questi strumenti.
In materia di digitale l'esigenza della semplificazione normativa è vitale: bisogna infatti scongiurare il proliferare di numerose, imprecise e contrastanti leggi settoriali. Meglio sarebbe iniziare da una riforma di principio che funga da base normativa e garanzia di ogni futura riforma settoriale. Da questo punto di vista, il riconoscimento del diritto di accesso ad internet in Costituzione rappresenterebbe quindi un buon punto di partenza: per tutelare e ampliare l'esercizio dei diritti sul Web, per ridare impulso all'economia e operare come fondamento e cornice normativa, con ben definiti principi guida, di ogni riforma o agenda digitale di cui in seguito si dovesse discutere.
Scopo di questo disegno di legge è quindi la creazione di un diritto sociale all'accesso ad internet, più precisamente, una pretesa soggettiva a prestazioni pubbliche, un servizio universale (così come tratteggiato dell'articolo 1, lettera ll), del codice delle comunicazioni elettroniche di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259) che le istituzioni devono garantire tramite investimenti, politiche sociali ed educative, al pari di quanto già avviene con l'accesso all'istruzione, la sanità o la previdenza, realizzando così un servizio sociale che lo Stato deve garantire ai cittadini, in attuazione dell'articolo 117, comma secondo, lettera m), della Costituzione. Non a caso la collocazione proposta per questo diritto è l'articolo 34-bis (dopo il 34, relativo al diritto all'istruzione) per sottolinearne la funzione sociale, di crescita e conoscenza, strettamente connessa al diritto all'istruzione.
In quanto diritto sociale, il diritto di accesso ad internet può quindi essere definito come la pretesa dei cittadini nei confronti dello Stato perché provveda a coprire, diffusamente e omogeneamente, il territorio nazionale con la banda larga in modo da permettere al pretendente, ovunque risieda e a un prezzo contingentato e omogeneo sul territorio nazionale, di navigare in rete alla velocità idonea per esercitare on line i propri diritti, adempiere i propri doveri e usufruire degli innumerevoli servizi fruibili tramite la Rete.
Riconoscere internet in Costituzione vuol dire riconoscere e tutelare una realtà in espansione e garantire, all'interno del Web, l'esercizio dei diritti; vuol dire mettere al sicuro le libertà fondamentali dell'uomo e del cittadino non solo da eventuali ingerenze dello Stato ma anche, e soprattutto, dalle ingerenze e dallo strapotere dei cosiddetti Over the Top, ossia gli stessi utenti di internet particolarmente grandi e aggressivi (si pensi a multinazionali come Google, Facebook, Microsoft, Apple e altre) che, trovandosi in una posizione di quasi monopolio, sono portati a perseguire i propri interessi a discapito degli utenti più deboli di internet, limitando i diritti e le libertà di questi e al contempo lucrando sui dati personali raccolti.
La costituzionalizzazione di internet permette non solo di tutelare i diritti e le libertà dei cittadini, creando un ulteriore livello di civiltà (che l'Italia eventualmente raggiungerebbe per prima nel mondo, con un enorme ritorno per la sua immagine internazionale già fortemente provata), ma fungerebbe anche da volano per l'economia tutelando tutti quegli imprenditori che utilizzano internet per i propri affari e attirando investitori esteri.
Costituzionalizzare il diritto di accesso ad internet darebbe tutela a una serie indeterminata di situazioni come: l'accesso all'infinita conoscenza messa a disposizione da internet, alla idee e alla loro comparazione favorendo lo spirito critico e l'apprendimento; tempi certi per il collegamento alla Rete; nuove modalità di esercizio dei diritti e dell'iniziativa economica privata; l'adempimento dei doveri e il pagamento delle imposte; l'utilizzo di servizi; il rapportarsi con la PA; ma anche il raggiungimento di una vera democrazia elettronica, ossia di una democrazia in cui non ci si limita solamente a rivolgere domande ai cittadini sulle questioni politiche di volta in volta rilevanti, ma gli si danno gli strumenti per informarsi, seguire e controllare l'operato dei loro rappresentanti ed essere quindi in grado di porre loro stessi istanze e domande alla politica. Una costituzionalizzazione di internet serve a scongiurare le conseguenze negative dell'utilizzo del Web e a favorirne gli effetti positivi nonché a evitare regolamentazioni repressive di questa realtà da parte del legislatore ordinario e degli Over the Top.
Una mancata costituzionalizzazione invece, potrebbe portare all'effetto opposto: ossia ad una scarsa crescita degli aspetti positivi, con un conseguente arretramento del sistema paese, e non eviterebbe il rischio di esser vittima di un uso distorto della Rete da parte dei suoi utenti o ad una limitazione, più o meno intensa, da parte dello Stato. Non riconoscere internet in Costituzione vuol dire lasciare campo libero alla legge del più forte. Vuol dire l'anarchia e la vittoria dei soggetti economicamente più forti, vuol dire caos e «incertezza del diritto», vuol dire creare un internet pericoloso e una contrapposizione con lo Stato che sfocerebbe in comportamenti repressivi e oppressivi degli innegabili elementi positivi di internet.
Ecco quindi che il riconoscimento del diritto di accesso si pone come necessaria precondizione a tutte le riforme che hanno ad oggetto il digitale perché costruisce e garantisce le basi su cui si fondano programmi come la Pubblica amministrazione digitale, l'identità e l'anagrafe digitale, il processo telematico, il voto telematico, la fatturazione elettronica e così via.
La costituzionalizzazione del diritto di accesso ad internet renderà possibile il raggiungimento di un ulteriore livello di civiltà giuridica e il conseguente miglioramento pratico delle condizioni di vita dei consociati per i seguenti motivi.
Internet non è sic et sempliciter il più potente mezzo di comunicazione di massa mai creato dall'uomo, internet è un vero e proprio luogo, uno spazio (realmente esistente, non solo «virtuale») all'interno del quale si possono esercitare diritti e libertà, adempiere obblighi (anche verso lo Stato) ed usufruire di servizi, sia tradizionali che innovativi. Ma è anche un luogo dove possono verificarsi conflitti che, in assenza di apposito riconoscimento e regolamentazione giuridica, possono portare ad ipotesi di oppressione e negazione dei diritti.
Ed è per questo che l'accesso ad internet deve essere garantito e tutelato, perché permette a tutti e in maniera più semplice, economica ed efficiente, l'esercizio di tutti i diritti oggi positivizzati nonché la nascita di ulteriori e nuovi diritti, diritti figli della nuova cultura digitale.
La realtà on line permette un'espansione del campo di azione di tutti i diritti, soprattutto quelli costituzionali, in quanto ne permette un esercizio più ampio e completo. Così è soprattutto per l'esercizio della libertà di espressione la quale, grazie in particolar modo all'avvento dei social network, non solo dà piena attuazione all'articolo 21 della Costituzione, ma lo espande a tal punto da creare un nuovo diritto che ne costituisce l'evoluzione: il diritto di libertà informatica. E lo stesso potrebbe dirsi per tutte le altre situazioni giuridiche in quanto internet è un luogo nuovo, un territorio in più di cui dispone lo Stato (così come lo sono stati i mari o i cieli nel momento in cui si è reso possibile il loro utilizzo) e in cui si possono esercitare a fondo tutti i diritti e doveri: dall'articolo 15 agli articoli 17, 18 e 19, ma anche altri diritti come gli articoli 24, 32, 33, 34, 35, 37, 39, 41, 48, 49, 50, 51, 53.
Il diritto di accesso ad internet, quindi e soprattutto, è la precondizione all'esercizio sul Web di ogni diritto.
Il riconoscimento del diritto di accesso ad internet è configurabile anche come applicazione dell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, in quanto permette di rimuovere le persistenti forme di disuguaglianze tra i cittadini. Infatti, garantendo a tutti, a parità di condizioni e a prezzi contingentati l'accesso alla Rete, questo diritto metterebbe chiunque nelle condizioni di partecipare, tramite il Web, alla vita del proprio paese e, al contempo, permette al cittadino di svolgere la sua personalità sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ampliando la possibilità di adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (articolo 2 della Costituzione). Dunque, il riconoscimento del diritto di accesso ad internet avrebbe le sue basi e la sua giustificazione principale negli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Riconoscendo il diritto ad oggetto si supererebbero sia le forme classiche di disuguaglianza, come quelle legate al censo, alla situazione economica, al sesso, e così via, mettendo a disposizione di tutti e a prezzi accessibili l'infinita conoscenza comune di internet, come anche i servizi offerti tramite questo, sia nuove ipotesi di disuguaglianza create da internet stesso come l'analfabetizzazione informatica e il concetto di digital divide (divario digitale). Digital divide inteso sia nella sua accezione più semplice, come il discrimine (dovuto a fattori culturali, economici e generazionali) tra una parte della popolazione in grado di sfruttare, almeno parzialmente, le potenzialità della Rete, ed un'altra che rimane priva degli strumenti per accedervi ed esercitare on line diritti e libertà, usufruire di servizi, comunicare con la PA, informarsi, acculturarsi e così via; sia in un'accezione più ampia o di seconda generazione, come quello derivante da una realizzazione «a scacchiera» o «a macchia di leopardo» delle reti di nuova generazione (NGNs), della banda larga, dovuta al fatto che, visti i maggior costi di questa tecnologia, l'imprenditore, in assenza di alcuna costrizione legale, sarà portato a realizzarla solo in quelle zone in cui sarà certo di avere un ritorno economico, senza preoccuparsi delle persone che vivono in zone del Paese territorialmente meno profittevoli e che quindi subirebbero una discriminazione nei fatti.
In più ciò permetterebbe di superare il divario con gli altri paesi europei ed extraeuropei; attualmente l'Italia occupa gli ultimi posti, se non l'ultimo, per velocità della connessione internet in Europa e nel mondo.
Il diritto di accesso ha quindi funzione compensatrice delle asimmetrie politiche, sociali e culturali, richiedendo alla Stato l'emanazione di norme asimmetriche in bonam partem, a tutela delle categorie sociali deboli per nascita, età, condizioni personali o di collocazione geografica, o l'emanazione di norme che differenzino per equiordinare.
È questo il motivo per cui il riconoscimento del diritto di accesso si pone come presidio di uguaglianza nel mondo digitale in quanto, operando come forza equilibratrice, al pari degli altri diritti sociali, sposta le risorse da chi le ha a chi non le ha, in piena attuazione dell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione.
Il riconoscimento costituzionale del diritto di accesso permetterebbe inoltre, non solo di garantire l'effettivo esercizio dei diritti sul Web, ma opererebbe anche come volano per la crescita nel nostro paese. Operando l'accesso anche come precondizione all'articolo 41 della Costituzione, permetterebbe agli imprenditori che sfruttano il Web di svolgere più agevolmente la loro attività e di vedersi garantito l'utilizzo della Rete per i rapporti con lo Stato o la PA. L'accesso ad internet offrirebbe agli imprenditori nuovi servizi, aprirebbe nuovi mercati e nuove possibilità, disincentivando la delocalizzazione perché ad un aumento dei servizi si accompagnerebbe una riduzione dei costi.
La realizzazione e l'implementazione delle strutture per eseguire l'accesso creerebbe non solo nuovi posti di lavoro ma anche la nascita di nuove professionalità, l'ammodernamento di quelle tradizionali e il reimpiego in altri settori di chi non ha o ha perso il lavoro.
In questo caso, il diritto di accesso non si pone come precondizione all'esercizio delle libertà sociali, ma come anticamera all'iniziativa economica privata, in quanto un dato imprenditore, per offrire un certo tipo di servizio, necessita della connessione ad internet e, a seconda del servizio, di una certa lunghezza di banda.
Tenuto conto di quanto detto, solo tutelando l'accesso ad internet come diritto sociale, nel modo più ampio e onnicomprensivo dell'esercizio on line di ogni situazione giuridica soggettiva, si riconoscerà e tutelerà il diritto di ognuno di partecipare attivamente alla vita della società. E non solo della società virtuale, ma della società reale e della vita sia pubblica che privata.
Non si dimentichi inoltre la portata sovrannazionale e mondiale della Rete. In tutto il mondo si discute della possibilità di dare tutela giuridica all'accesso ad internet al fine di modernizzare e di ricollegare la situazione istituzionale/giuridica a quella quotidiana e reale.
Ma prima di volgere lo sguardo al resto del mondo, sarebbe bene rilevare come questo diritto è stato già riconosciuto a livello regionale dall'Umbria. Con la legge regionale n. 31 del 23 dicembre 2013 («Norme in materia di infrastrutture per le telecomunicazioni»), la regione Umbria ha infatti riconosciuto «il diritto di tutti i cittadini di accedere a internet quale fondamentale strumento di sviluppo umano e di crescita economica e sociale e promuove lo sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione al fine di assicurare la partecipazione attiva alla vita della comunità» (articolo 1, comma 1). Si tratta di una legge che, stabilendo le regole per la realizzazione delle infrastrutture per le telecomunicazioni, è unica nel suo genere ed è la dimostrazione della sempre più evidente rilevanza giuridica di internet. Un pezzo dell'Italia ha quindi deciso di investire in questa direzione; è ora che anche il resto del paese faccia lo stesso.
Passando all'Europa, ma anche oltre i confini europei, non mancano esempi di questa sempre maggiore attenzione alla Rete, soprattutto in materia di diritto d'autore.
E così, il Parlamento europeo in una raccomandazione del 26 marzo 2009 sul rafforzamento della sicurezza e della libertà fondamentali su internet afferma che «[...] l'evoluzione di internet dimostra che esso sta diventando uno strumento indispensabile per promuovere iniziative democratiche, un nuovo foro per il dibattito politico (ad esempio per campagne elettroniche e il voto elettronico), uno strumento fondamentale a livello mondiale per esercitare la libertà di espressione (ad esempio i blog) e per sviluppare attività commerciali, nonché uno strumento per promuovere l'acquisizione di competenze informatiche e la diffusione della conoscenza (e-learning) [...]».
Sempre per il Parlamento europeo, nella risoluzione del 10 aprile 2008, l'accesso ad internet: «crea dei ponti tra le generazioni nella società dell'informazione, e, conseguentemente, evita l'adozione di misure contrarie ai diritti dell'uomo, ai diritti civili [...]»; mentre la raccomandazione del marzo 2010 afferma che internet «dà pieno significato alla libertà di espressione» e «rappresenta una straordinaria opportunità per rafforzare la cittadinanza attiva».
Rilevante è anche il rapporto del relatore speciale Frank La Rue, del maggio 2011, al Comitato per i diritti umani dell'Onu, e cioè il Rapporto sulla promozione e protezione della libertà di opinione e di espressione nella rete internet, dove si ribadisce il carattere fondamentale dell'accesso ad internet, definito al punto 85: «an indispensable tool for realizing a range of human rights, combating inequality, and accelerating development and human progress, ensuring universal access to the internet should be a priority for all States». Il rapporto sottolinea anche la rilevanza strategica dell'intervento statale nel riconoscimento dell'accesso alla rete: «Each State should thus develop a concrete and effective policy, in consultation with individuals from all sections of society, including the private sector and relevant Government ministries, to make the internet widely available, accessible affordable to all segments of population».
La portata innovativa dell'accesso ad internet è chiara e il suo riconoscimento giuridico favorirebbe nuovi processi di partecipazione non solo alla politica nazionale ma anche a quella europea, avvicinando ancor più le istituzioni ai cittadini.
Il tema della tutela dell'accesso alla Rete è quindi un tema sensibile anche per l'Unione europea e ciò si trasformerebbe in un'ottima occasione per l'Italia, in vista del semestre di presidenza del Consiglio Europeo, per riconquistare un ruolo preminente nella tutela dei diritti umani.
Il tema è anche sempre più affrontato dalle varie corti costituzionali, sia in riferimento al diritto di accesso sia alla libertà di espressione on line. In questo ambito si sottolinea la recentissima sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea (causa C-131/12 Google Spain SL, Google Inc. / Agencia Española de Protección de Datos; 13/05/2014), in materia di gestione dei dati da parte dei motori di ricerca e di privacy e diritto all'oblio, che, al di fuori degli aspetti più problematici che questa ha sollevato, pone la necessità di una regolamentazione delle attività degli Over the Top.
Si tenga anche presente che nuovi diritti in materia di digitale stanno lentamente emergendo in tutti gli Stati democratici. Ciò comporta che, se un domani si dovesse realizzare la situazione per cui l'Italia sia l'unica, o una tra le poche nazioni, che non ha riconosciuto questi diritti, di contro ad altri che invece l'hanno fatto, si darebbe nuovo impulso a quello che è stato definito «turismo dei diritti», ossia la tendenza dei cittadini, ma anche di imprese e società, di spostarsi in quei paesi in cui una determinata situazione, più favorevole, sia riconosciuta e tutelata. Il fenomeno del turismo dei diritti, tramite un meccanismo di relazione e di rapporto con gli altri Stati, fa dello Stato che semplicemente rimane inerte uno Stato meno «civile» e quindi favorisce la concreta possibilità che i suoi cittadini sfuggano ai condizionamenti del proprio luogo, quando il confronto con altri luoghi fa percepire come un diritto quel che in casa propria viene negato. Logica conseguenza sarebbe che: se fosse l'Italia a costituzionalizzare il diritto di accesso ad internet per prima ciò attirerebbe imprenditori, e quindi capitali e investitori stranieri, e costituirebbe anche un'enorme ritorno d'immagine per l'Italia che per prima raggiungerebbe un nuovo livello di civiltà e di tutela dei diritti democratici.
L'enorme attenzione che a queste tematiche stanno dedicando gli Stati dell'America latina dimostra come ciò di cui si espone nella presente relazione non è fantascienza, anzi è il presente di iniziative concretamente realizzabili. E così il Brasile ha da poco approvato (22/04/2014) il c.d. Marco Civil da internet o, come è stata anche definita, la Carta dei diritti di internet, che «stabilisce principi, garanzie, diritti e doveri per l'uso di internet in Brasile» (art. 1) e che disciplina tematiche come l'accesso ad internet, la libertà di espressione, la net neutrality, la tutela della privacy e politiche di inclusione sociale.
In conclusione, sarebbe opportuno disciplinare internet perché ogni libertà ha sempre bisogno di un quadro istituzionale che le consenta di proteggersi da attacchi di varia natura. Attacchi che potrebbero derivargli, più o meno consapevolmente, anche dall'ordinamento stesso. In genere è meglio regolamentare un fenomeno (quanto meno in via di principio) che lasciarlo al vuoto legislativo, costringendo i giudici a un procedimento di integrazione delle lacune col rischio che questi possano sconfinare nel ruolo di creatore del diritto. Costituzionalizzare internet inoltre, significa dare ad un nuovo mezzo di comunicazione la sua specifica disciplina, evitando così di dover applicare la disciplina di altri mezzi, magari incompatibile col nuovo. Si darebbe così attuazione a quelle pronunce della Corte costituzionale e alle tesi di quella parte di dottrina che ritiene che internet necessiti di una disciplina ad hoc.
Inoltre come i costituenti hanno sentito il bisogno di mettere al riparo da insidie la stampa, in quanto era il mezzo di comunicazione di massa più potente e influente dell'epoca, la stessa esigenza si potrebbe avvertire oggi per la Rete e quindi bisognerebbe costituzionalizzarla per proteggerla da usi distorti e dannosi della stessa.
Il diritto di accesso ad internet costituisce una concreta e imperdibile occasione per l'Italia di uscire dalla crisi e abbandonare gli ultimi posti che occupa nella varie classifiche tra Stati, in quanto otterrebbe nuove e migliori condizioni di vita a fronte di una riduzione delle tensioni sociali.
Il presente disegno di legge costituzionale, propone quindi l'inserimento nella Costituzione della Repubblica italiana dell'accesso ad internet.
DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.
1. Dopo l'articolo 34 della Costituzione è inserito il seguente:
«Art. 34-bis. - Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete internet, in modo neutrale, in condizione di parità e con modalità tecnologicamente adeguate.
La Repubblica promuove le condizioni che rendono effettivo l'accesso alla rete internet come luogo ove si svolge la personalità umana, si esercitano i diritti e si adempiono i doveri di solidarietà politica, economica e sociale»."


 
 
 
 
 
Valentini Alessio.