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Dal sito del Tribunale dei Minorenni di Milano si riporta:"civile - decreto 7.2.2012, est Mastrangelo. Il decreto si pone in consapevole contrasto con recente orienamento della Corte di Cassazione sent 10.5.2011 ritenendo che la legge n. 54/06 non abbia compirtato alcuna abrograzione implicita della pria mparte dell'art 317 bis e pertanto, in assenza di convivenza e prima che si intervenuto un provvedimento del giudice, la potestà è esercitata in via esclusiva dal genitore convivente
In particolare si evidenzia
 
"La L. 54/2006, all'art. 4, c. 2, stabilisce, espressamente, che le relative
disposizioni si applichino anche ai «procedimenti» relativi ai figli di genitori non coniugati, dunque alle ipotesi che vedano in essere una procedura giurisdizionale volta alla regolamentazione dell'esercizio della potestà nella fase patologica del rapporto genitoriale che può aversi sia a seguito della cessazione della convivenza, sia quando, pur non essendovi mai stata convivenza tra i genitori, uno dei due decida di adire il Tribunale per i Minorenni per chiederne la regolamentazione; diversamente, quando non vi sia alcun procedimento in corso, vige l'art. 317 bis C.c.
Tale interpretazione non contrasta con la parità costituzionale dei figli, siano essi legittimi o naturali, e l'applicazione delle medesime regole alle due differenti situazioni conduce a risultati paradossali.
Partendo dal primo profilo, i presupposti di fatto antecedenti alla regolazione giuridica conseguente, dunque la presenza di una famiglia legittima o naturale, sono intrinsecamente diversi, laddove nell'un caso vi è, normalmente, una coppia genitoriale stabilmente convivente e che ha inteso dare riconoscimento giuridico al proprio legame, nell'altro, al contrario e nella generalità dei casi, si ritrovano due soggetti che hanno inteso vivere il loro rapporto al di fuori di vincoli giuridici, spesso senza convivere, nonché situazioni in cui la filiazione è frutto di rapporti occasionali
non sorretti da un legame affettivo e relazionale tra i genitori. Pur tuttavia, e qui opera il principio di parità costituzionale, anche in tali casi i genitori di prole naturale possono chiedere all'Autorità Giudiziaria minorile la regolamentazione dei loro diritti e doveri nei confronti della prole secondo le medesime regole applicabili ai figli legittimi, ma per far ciò debbono adire il Tribunale per i minorenni.
Quanto al secondo profilo, come evidenziato in dottrina, attribuire l'esercizio della potestà ad entrambi i genitori naturali allorché questi non abbiano mai convissuto e quando il minore conviva con uno solo di essi, potrebbe portare al risultato per cui un genitore che non si sia mai interessato del proprio figlio possa intervenire sulle decisioni di maggiore rilievo per la vita dello stesso, per cui la madre che abbia sempre convissuto da sola col figlio, perché il padre non ha mostrato disponibilità alla vita familiare, debba con costui rapportarsi in virtù di un suo potere che nei fatti è avulso da una effettiva comunanza di vita.
I fatti per cui è causa costituiscono una efficace concretizzazione dei dubbi appena esposti dalla dottrina citata.
Del resto, ed in conclusione, il binomio convivenza-esercizio della potestà, innerva altre disposizioni di legge, come, ad esempio gli artt. 317 e 2048 C.c., proprio perché solo la consuetudine di vita tra i soggetti interessati, genitore/i-figlio, può far sorgere diritti e responsabilità e la stessa Corte di Cassazione, nelle sue pronunce, valorizza la convivenza e la condivisione del progetto familiare ed educativo, come ad esempio in materia di assegno divorzile ( «la mera convivenza del coniuge con altra persona non incide di per sé direttamente sull'assegno di mantenimento. E tuttavia, ove tale convivenza assuma i caratteri di stabilità e continuità, e i conviventi elaborino un progetto ed un modello di vita in comune [...] la mera convivenza si trasforma in una vera e propria famiglia di fatto», cfr. Cass., sent. 17195, 11.8.2011, in Fam. Dir., 1/2012, p. 25 ss.), con ciò dimostrando che proprio la condivisione delle responsabilità familiari faccia della famiglia di fatto una formazione sociale meritevole di interesse giuridico, laddove, quando tale condivisone manchi, prevale, al contrario, il rilievo giuridico del rapporto tra il figlio ed il singolo genitore"."

 
 
 
Valentini Alessio.