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 A quattro mesi dall'entrata in vigore della norma che manda in soffitta i certificati, almeno per le PPAA, e promoziona l'acquisizione d'ufficio di dati ed informazioni, ben due Ministri, quello per la Pubblica Amministrazione e semplificazione e quello dell'Interno sottoscrivono una nota congiunta in ordine all'ambito di applicazione dell'art 15, legge 183/2011.
Sgomberiamo il campo da possibili equivoci semantici, decertificazione non fa sempre rima con autocertificazione.
Il legislatore lo sa, i Ministri anche.
Questi ultimi, infatti, con la grazia di una fiaba e la forza di una parabola, passano in rassegna tre fattispecie contestate, e dettano orientamenti significativi ed equilibrati, con l'intento di rimuovere incrostazioni culturali, alibi e comportamenti difformi e imbarazzanti, che fanno della burocrazia un ostacolo alla semplificazione e vanificano così l'intervento del legislatore.
 

Per il primo punto, l'incipit è significativo: l'art 15 non è intervenuto sull'ambito di applicazione della disciplina in materia di documentazione amministrativa nel settore dell'immigrazione.
"In assenza di un esplicito intervento emendativo" (la citazione in sé dimostra quale sia la strada da percorrere, non nuova al legislatore, che è stato tempestivo in altre materie, una per tutte quella catastale), si considerano "fatte salve le disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero".
Ergo, il legislatore, per costringere anche le Questure ad applicare la norma, adotta il sistema più radicale....semplicemente cambiandola.
A far tempo dal prossimo primo gennaio, anche le Questure si attiveranno d'ufficio e risparmieranno ai cittadini sfinenti slalom tra uffici.
Fino a quel momento le amministrazioni potranno continuare a chiedere ai cittadini stranieri di produrre i certificati; non solo, ennesimo giro di valzer, ennesima dicitura sui certificati "certificato rilasciato per i procedimenti disciplinati dalle norme sull'immigrazione".
L'utilizzo del verbo "potranno", e non "dovranno" lascia spazio ad auspicabili acquisizioni d'ufficio, nel solco tracciato dal legislatore, dal 1968 ad oggi, e soprattutto, ai sensi dell'art 18 della legge 241/90.
 

Sull'idoneità abitativa, nessun dubbio, no all'autocertificazione, no alla dicitura, in quanto non si tratta di un certificato in senso proprio, bensì di un'attestazione che non può prescindere da un'attività semi-discrezionale in ordine alla conformità tecnica.
 

Infine oltre ogni rosea previsione, contro il parere dell'Avvocatura dello Stato, che lo scorso gennaio aveva reso impermeabili all'applicazione della norma i procedimenti relativi alla cittadinanza, elevandoli a rango di norme speciali, specialissime, ecco contro tutti, due ministri sottoscrivono la nota più importante: L'AMMINISTRAZIONE NON PUO' CHIEDERE DOCUMENTAZIONE CHE PUO' ACQUISIRE D'UFFICIO DA ALTRA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.
I motivi? La cittadinanza, riguardando, per le ipotesi di rinuncia e/o riacquisto, anche cittadini italiani, non può invocare l'estensione di un'eccezione riservata alla condizione dello straniero e all'immigrazione.
Ancora, il legislatore del 2009 non ha inteso dettare una disciplina specifica in ordine all'acquisizione della documentazione utile ai fini del riconoscimento della cittadinanza, pertanto si applicano i principi generali di una norma trasversale, il DPR 445/2000.
Infine, ma solo in ordine di tempo, i criteri del DPR 445/2000 dettano una disciplina ispirata ai principi, di rango costituzionale, di buon andamento della PA, e l'acquisizione d'ufficio diventa regola. Cosa dovranno fare allora le Prefetture? Semplice, in qualità di amministrazioni procedenti, attivarsi presso quelle certificanti e acquisire d'ufficio dati e informazioni in ordine ai procedimenti relativi alla cittadinanza.
Il puzzle non è completo, manca un tassello....l'atteso parere del Consiglio di Stato per sciogliere l'ultimo nodo, quello del servizio elettorale. Attendiamo fiduciosi.

MARIANGELA REMONDINI

 
Valentini Alessio.