testata per la stampa della pagina
stato civile

Dal sito profesionisti.it in collaborazione con Italia Oggi, si riporta l'articolo su:"
Lo ha stabilito la prima sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 1343 del 2011
La longevità salva il matrimonio
di Anna Irrera
No alla delibazione, ovvero al riconoscimento, da parte dei giudici italiani, della sentenza di annullamento del matrimonio ecclesiastico nel quale la convivenza tra i coniugi si sia protratta per lunghi anni o, comunque, per un periodo di tempo considerevole. Questo perché una volta che il rapporto matrimoniale prosegue nel tempo è contrario ai principi di ordine pubblico rimetterlo in discussione adducendo riserve mentali, o vizi del consenso, verificatisi nel momento del sì all'altare. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 1343 del 20 gennaio 2011, accogliendo il ricorso di una moglie il cui matrimonio, durato venti anni, era stato annullato dai tribunali ecclesiastici per esclusione dei «bona matrimoni».
I tribunali rotali avevano accolto le ragioni del marito il quale aveva contestato alla moglie il fatto di aver taciuto la sua contrarietà al mettere al mondo figli. Con citazione del 26 novembre del 2002, il marito aveva chiesto, alla Corte d'appello di Venezia, la dichiarazione dell'efficacia agli effetti civili della pronuncia di nullità di matrimonio. La donna si era opposta alla richiesta di delibazione sostenendo che la pronuncia di nullità fosse in contrasto con l'ordine pubblico italiano perché mancava la prova che il suo rifiuto di avere figli fosse anteriore al matrimonio. Concordando con la moglie, la Corte d'appello di Venezia, con sentenza del 15.10.2002, aveva rigettato la richiesta di delibazione. Tale sentenza era poi stata impugnata dal marito, il cui ricorso era stato accolto dalla Suprema corte, con sentenza, il 28 gennaio del 2005. In quell'occasione, secondo gli Ermellini, la delibazione ecclesiastica non veniva ostacolata dall'ordine pubblico. Andava, infatti, riconosciuto al marito il diritto di scegliere la non conservazione del rapporto viziato proprio perché questo ignorava, o non poteva conoscere il vizio del consenso dell'altro coniuge.
Il giudizio e poi stato riassunto davanti alla Corte d'appello in sede di rinvio. La moglie ha così sollevato un'altra questione, già dedotta nel precedente grado di merito, concernente l'applicabilità dell'articolo 123 del codice civile che disciplina l'impugnazione del matrimonio per simulazione. Tuttavia, anche secondo il giudice del rinvio, la sentenza ecclesiastica andava delibata.
La moglie non si è arresa. Ricorrendo per la seconda volta alla Suprema corte ha posto il seguente quesito: «Può essere riconosciuta nello stato italiano la sentenza ecclesiastica che dichiara la nullità del matrimonio quando i coniugi abbiano convissuto come tali per oltre un anno, nella fattispecie per vent'anni, o detta sentenza produce effetti contrari all'ordine pubblico, per contrasto con gli articoli 123 del codice civile e 29 della Costituzione (tutela della famiglia)?». No, non può essere riconosciuta, è stata la risposta degli ermellini. Questo perché l'ordinamento italiano dà implicito rilievo «anche al matrimonio-rapporto, che nell'ordine pubblico italiano ha una incidenza rilevante, per i principi emergenti dalla Costituzione e dalla riforma del diritto di famiglia, ed impedisce di annullare il matrimonio dopo che è iniziata la convivenza e spesso se questa è durata per un certo tempo (come si desume dagli artt. 120 cpv, 121 comma 3 e 123 cpv. cod. civ.)». Inoltre, si legge nella sentenza «riferita a date situazioni invalidanti dell'atto matrimonio, la successiva prolungata convivenza è considerata espressiva di una volontà di accettazione del rapporto che ne è seguito e con questa volontà è incompatibile il successivo esercizio della facoltà di rimetterlo in discussione, altrimenti riconosciuta dalla legge». Così il ricorso è stato accolto e cassata la sentenza con la quale la Corte di appello di Venezia, aveva convalidato la nullità del matrimonio della coppia sancita dai tribunali ecclesiastici.
Il presidente nazionale dell'Associazione avvocati matrimonialisti italiani, Gian Ettore Gassani, ha dichiarato che con la sentenza la Cassazione prende in via definitiva «una posizione storica». «Negli ultimi cinque anni», ha spiegato Gassani, «si è registrato in Italia un vertiginoso aumento delle procedure di annullamento dei matrimoni dinnanzi ai giudice ecclesiastici ed alla Sacra Rota: nel 2009 sono state circa 6mila le dichiarazioni di nullità dei matrimoni. In questi ultimi anni i giudici italiani, in assenza di direttive precise, hanno riconosciuto la stragrande maggioranza delle sentenze di annullamento dei matrimoni rese in sede ecclesiastica». «La ratio di tale decisione", ha concluso il presidente, «deriva dalla necessità di evitare che il ricorso alla giustizia ecclesiastica, ed il successivo ricorso alla giustizia italiana finalizzato all'annullamento del matrimonio, possa tradursi in una disinvolta ed incontrollata scappatoia finalizzata all'ottenimento dello stato libero in tempi rapidissimi che nulla hanno a che vedere con il significato sacramentale del matrimonio e delle reali cause che possano determinarne la dichiarazione di nullità». "