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anagrafe

Ai fini degli approfondimenti opportuni da parte dell'Ufficiale d'anagrafe sulla possibilità di individuare ulteriori condizioni ai fini dell'iscrizione in anagrafe, si riporta la recente sentenza del:" TRIBUNALE DI BRESCIA
SEZIONE DELLA VOLONTARIA GIURISDIZIONE II Giudice Designato Dott. Cesare Massetti
Sul ricorso ex articoli 44 D.L.vo n. 286/1998 (c.d. Testo Unico delle Leggi sull'immigrazione) e 4 D.L.vo n. 215/2003 proposto da SOUFIANE NAISSI, dall'ASGl - ASSOCIAZIONE STUDI GIURIDICI SULL'IMMIGRAZIONE e dalla FONDAZIONE GUIDO PICCINI PER I DIRITTI DELL'UOMO - ONLUS nei confronti del COMUNE DI MONTICH1ARI e del MINISTERO DELL'INTERNO;
letti gli atti del procedimento;
sentite le parti all'udienza tenutasi da ultimo l'8 aprile 2010;
a scioglimento della riserva formulata nel corso di tale udienza;
premesso che i ricorrenti impugnano per discriminazione l'informativa in tema di "Documenti da esibire per gli accertamenti dei requisiti di regolarità del soggiorno dei cittadini stranieri" diramata dal Comune di Montichiari, assumendo che il contenuto della medesima contempla dei requisiti non previsti dalla legge ai finì dell1 iscrizione all'anagrafe della popolazione residente. Richiamati i principi generali di cui agli ant 2 c. 1 e 43 c. I e II del T.U.L.I, che enunciano - rispettivamente - la parità di trattamento tra straniero e cittadino italiano in materia di diritti civili e il divieto del compimento di atti discriminatori, nonché le disposizioni specifiche in tema di anagrafe (articoli 6 c, VII del Testo Unico e 15 del Regolamento di Attuazione), che ribadiscono il cit. principio della parità di trattamento, censurano - in particolare - il fatto che il Comune di Montichiari, per concedere la residenza allo straniero o ali'extracomunitario, richieda la produzione di documenti che, quand'anche finalizzati ad accertare l'effettiva dimora del richiedente nel territorio comunale, non sono affatto previsti per il cittadino italiano (ciò in riferimento ai documenti chiesti dal Comune per tutti i cittadini stranieri), e inoltre pretenda di estendere il proprio controllo a circostanze afferenti la regolarità del soggiorno, dando così luogo a una sorta di "straripamento di potere", non essendo il Comune abilitato a svolgere una tale attività (ciò in riferimento ai documenti comprovanti lo svolgimento di un'attività lavorativa o un'attività a questa assimilata, sia che si tratti di lavoro subordinato, sia che si tratti di lavoro autonomo o altro). Con peculiare riguardo al caso del lavoratore dipendente, aggiungono che l'art 22 c. XI del T.U.L.I. stabilisce che la perdita del posto dì lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso dì soggiorno, né per il lavoratore, né per i suoi familiari, e osservano che, pertanto, la richiesta di produrre le ultime buste paga o il CUD non ha alcun senso logico o giuridico. Rilevano, infine, l'incongruenza delle ulteriori richieste concernenti i cittadini extracomunitari che non siano lavoratori o studenti (attestazione del possesso di un'assicurazione sanitaria o di talune disponibilità economiche), trattandosi di documenti che - per legge (D.L.VO n. 30/2007) - non sono domandati né al disoccupato comunitario, né a quello extracomunitario: il primo, invero, può soggiornare in Italia anche in assenza di reddito, mentre il secondo ha diritto dì rimanervi fino alla scadenza del permesso o per un minimo dì 6 mesi, senza necessità di documentare il possesso di un reddito, e conservando sempre e comunque il diritto all'iscrizione anagrafica;
premesso che il resistente Comune, costituendosi in giudizio, ha rivendicato il diritto - dovere dell'Autorità di Pubblica Sicurezza (ivi compresa in tale nozione il Sindaco, ove in loco manchi un Commissariato di Polizia), prima di procedere a una iscrizione o variazione anagrafica, di svolgere indagini sulla capacità reddituale dello straniero (articolo 6 c. v T.U.LI. .); ha osservato che la normativa vigente in tema di anagrafe - applicabile sia al cittadino italiano che allo straniero - abilita il Comune a effettuare verifiche in ordine alle condizioni igienico - sanitarie in cui il soggetto intende fissare la propria residenza (articolo 1 c II l. n. 1228/1954) e in ordine alla sussistenza dell'imprescindibile requisito della dimora abituale (artt 3 c II D.P.R. n. 223/1989); ha, quindi, invocato il principio secondo cui eventuali differenze di trattamento, pur indirettamente discriminatorie, ma oggettivamente giustificate e perseguite con mezzi appropriati e necessari, non configurano atti discriminatori, secondo la previsione dell'articolo 3 e. IV D.L.vo n. 205/2003; passando in rassegna gii elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzano il concetto di "dimora abituale" (stabile permanenza in un luogo, da un lato, e volontà di rimanervi per un certo tempo, dall'altro lato), ha sottolineato che vi è una stretta correlazione tra residenza e soggiorno, di talché il Comune è senz' altro autorizzato a verificare la regolarità del titolo di soggiorno di cui è in possesso l'istante la residenza, e che l'indagine sulla capacità reddituale del medesimo è funzionale all'accertamento della sua volontà dì permanere in un dato territorio; al fine poi, di dimostrare la carenza di un intento discriminatorio, ha evidenziato che la disciplina legislativa per l'iscrizione anagrafica del cittadino comunitario (D.L.VO n. 30/2007) è ancor più severa rispetto a quella stabilita dal Comune di Montichiari mediante l'informativa oggetto dì impugnativa; da ultimo - quand'anche si tratti di rilievi pregiudiziali e/o preliminari - ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, la carenza di interesse e di legittimazione ad agire in capo alle associazioni ricorrenti, e ha contestato altresì i pretesi danni subiti;
premesso che il resistente Ministero, dal canto suo, ha preliminarmente eccepito il proprio difetto dì legittimazione di legittimazione passiva, ali'uopo osservando che il Sindaco del Comune di Montichiari ha oltrepassato i limiti della propria competenza, arrogandosi dei poteri afferenti materie (ordine e sicurezza pubblica, immigrazione) che non gli competono, in tal modo interrompendo il rapporto organico che intercorre tra il Sindaco e il Governo; nel merito, dopo un'accurata e approfondita disamina della normativa e degli aspetti d'interesse, si è completamente "dissociato" dalla condotta tenuta dall' Amministrazione Comunale nel caso concreto, rilevando che questa integra addirittura un atto illecito, di cui può essere chiamato a rispondere soltanto il suo autore;
rilevato come, ad avviso del giudicante, il ricorso sia fondato nei termini che seguono:
1) ECCEZIONE PREGIUDIZIALE RELATIVA ALLA CARENZA DI GIURISDIZIOONE DEL GIUDICE ORDINARIO.
E' infondata, in quanto l'articolo 4 D.L.vo n. 215/2003 (Attuazione della direttiva 2000,43'CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica) stabilisce che "la tutela gìurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 2 si svolge nelle forme previste dall'articolo 44 c .da 1 a 6,8 e 11 del testo unico", mentre l'art, 44 D.L.vo n.. 286/1988 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) attribuisce al giudice ordinario (nella specie: il Tribunale in composizione monocratica) la cognizione dell'azione civile contro la discriminazione, anche qualora la discriminazione provenga dal comportamento di una Pubblica Amministrazione,
D'altro canto, l'affermazione della giurisdizione del giudice ordinario discende dall'applicazione dei principi generali in tema di riparto della giurisdizione (articolo 2 All. E L. n. 2248/t865 nonché articoli 102 - 103 Cost,), dato che il ricorso verte in materia di diritti fondamentali dell'individuo (quale è senz'altro il diritto a non subire discriminazioni), riconosciuti dall'ordinamento italiano, comunitario e internazionale (artt 2~3 Cost. nonché articoli 12 - 13 Trattato Ce nonché art, 6 Tranato Uè nonché articolo 1 - 2 7 Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo).
Infine, la tesi difensiva sostenuta in parte qua dal Comune convenuto non è condivisibile, posto che:
a) la giurisdizione, al pari della competenza, si valuta sulla base della semplice "prospettazione" della domanda, e cioè indipendentemente dalla sua fondatezza nel merito» di talché non è corretto affermare che la carenza di giurisdizione discenderebbe dalla mancanza di discriminazione nel caso concreto;
- b) la facultas del giudice ordinario dì "incidere" sull'atto amministrativo, fino al punto di determinarne la revoca e/o la modifica, si ricava dallo stesso testo di legge (articolo 44 e. i T.U.L.I.), laddove viene espressamente attribuito al giudice ordinario ìl potere di ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e di adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione;

II) ECCEZIONE PRELIMINARE RELATIVA ALLA CARENZA DI LEGITTIMAZIONE AD AGIRE DELLE ASSOCIAZIONI RICORRENTI.
E' altrettanto infondata, in quanto detta legittimazione trova giustificazione nell'articolo 5 D.L.vo n. 215/2003 cit., secondo cui le associazioni e gli enti che svolgono attività nel campo della lotta alla discriminazione possono agire, da un lato (e. I), in nome e per conto o a sostegno del soggetto passivo della discriminazione e, dall'altro lato (c. III), in proprio, ciò in presenza di una discriminazione "collettiva", qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla discriminazione.
Nel caso dì specie, le associazioni ricorrenti hanno, appunto, agito non già in nome e per conto o a sostegno di Soufiane Naissi (il quale, invero, sì è attivato da sé, e ha conferito un proprio mandato alle liti. Tanto porta a ritenere inconferente l'eccezione relativa alla mancanza di "delega" sollevata dal Comune), quanto per tutti gli altri, eventuali soggetti passivi della discriminazione, vale a dire gli stranieri aspiranti a ottenere la residenza a Montichiari, e in tesi pregiudicati rispetto agli italiani dalla circolare per cui è causa.
Ed, infatti, in tema di discriminazione "collettiva", deve ritenersi corretta una lettura della norma secondo cui, ai fini del riconoscimento della legittimazione delle associazioni e degli enti, è sufficiente che i soggetti lesi, pur astrattamente determinabili alla luce del contenuto della condotta discriminatoria, siano concretamente individuabili solo con difficoltà, il che, appunto, giustifica il riconoscimento della facoltà di agire autonomamente ed in nome proprio in capo a dette organizzazioni. Tale situazione ricorre certamente nel caso di specie, posto che - contrariamente a quanto sostenuto dal Comune - non sarebbe per nulla agevole rintracciare tutti i potenziali residenti in quel di Montichiari, trattandosi di soggetti che non sono facilmente individuabili;

III) ECCEZIONE PRELIMINARE RELATIVA ALLA CARENZA DÌ INTERESSE AD AGIRE DELLE MEDESIME ASSOCIAZIONI
E' altrettanto infondata, in quanto, se l'interesse ad agire va individuato, come di regola, nell'interesse a ottenere, previa emanazione di un provvedimento giurisdizionale a sé favorevole, il bene della vita a cui si aspirava, tale evenienza sussiste pienamente nel caso in scrutinio, dato che l'eventuale accoglimento del ricorso implicherebbe la rimozione di una condotta pregiudizievole e l'adozione di un provvedimento atto a superare gli effetti della discriminazione.
Per scrupolo, si osserva come detta eccezione non sia stata minimamente "motivata";
IV) ECCEZIONE PRELIMINARE RELATIVA ALLA CARENZA DI LEGITTIMAZIONE A CONTRADDIRE DEL MINISTERO CONVENUTO.
E' viceversa fondata, dovendo integralmente condividersi i rilievi formulati sul punto dal Ministero dell'Interno.
Invero, come meglio si vedrà infra, il Sindaco ha posto in essere un atto amministrativo illegittimo, tentando dì inserirsi in una materia (il controllo dell'immigrazìone) che è di competenza di organi statali, vale a dire la Prefettura e la Questura, dì talché si è interrotto il rapporto organico tra di esso e l'Amministrazione Statale.
Tra l'altro, il concetto di "sicurezza pubblica" ex articolo 54 T.U.E.L. - D.M. Ministro dell'Interno 5 agosto 2008 si riferisce esclusivamente all'attività di prevenzione e di repressione dei reati, e quindi non ha nulla da spartire con la materia dell'anagrafe (si v, su questo aspetto la sent. n. 196/2009 della Corte Costituzionale).

V) BREVI CENNI SULLA "DISCRIMINAZIONE RAZZIALE".
Ad avviso dello scrivente, il concetto di "discriminazione" in generale implica una disuguaglianza nel trattamento di situazioni simili ovvero una uguaglianza nel trattamento di situazioni dissimili.
Il fondamento dì tale concetto pare rinvenibile nel principio dì uguaglianza di cui all'articolo 3 Cost..
La discriminazione, pertanto, suppone necessariamente il riferimento a un termine di paragone, onde apprezzare se effettivamente - siano state poste in essere delle disuguaglianze ovvero delle uguaglianze illegittime, nel senso sopra specificato.
L'articolo 43 T.U.L.l. introduce, poi, una clausola generale di non discriminazione, idonea a comprendere nel suo alveo sia le discriminazioni dirette che quelle indirette, purché tali comunque da incidere sui diritti umani e sulle libertà fondamentali. La tutele de qua è riconosciuta sia a favore dello straniero, sia a favore del cittadino italiano discriminato.
L'analisi giurisprudenziale consente di evidenziare, tra quelli editi, i seguenti casi in cui è stato ritenuto "discriminatorio" il comportamento tenuto da privati ovvero da Amministrazioni pubbliche:
- rifiuto dì concedere contratti di locazione con cittadini extracomunitari manifestato da una società immobiliare, interpellata circa la disponibilità di alloggi in locazione, dopo essere venuta a conoscenza della nazionalità (appunto, extracomunitarìa) della persona interessata ' ;
- norma dello statuto dì una cooperativa edilizia che limiti la possibilità di assumere la qualità di socio ai soli cittadini comunitari, escludendo quindi tale possibilità per i cittadini extracomunitari, in quanto tali2;
- attribuzione, nell'ambito delle graduatorie per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, di un punteggio aggiuntivo in ragione esclusivamente della cittadinanza italiana del richiedente, con conseguente trattamento deteriore di accesso agli alloggi pubblici per gli stranieri, pur regolarmente soggiornanti in Italia, solo in ragione del loro status di cittadini stranieri 3;
- esclusione da una selezione concorsuale per l'assunzione di operatori tecnici addetti all'assistenza, adottata dal direttore generale di un'azienda ospedaliera pubblica, del cittadino extracomunitario per carenza del requisito della cittadinanza italiana ;
- divieto imposto dalla Federazione Italiana Nuoto di tesserare più di tre atleti non italiani per ciascuna squadra di pallanuoto 5, e divieto imposto dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio di tesserare un calciatore extracomunitarìo in una società di serie C quale calciatore professionista 6;
L'unico precedente di legittimità sull'articolo 43 T.U.L.I. 7 affronta una tematica di natura esclusivamente processuale.
Recentemente il Tribunale di Brescia ha avuto modo di occuparsi di discriminazione ex articolo 44 T.U.L.I. in una pluralità di casi , in cui sempre è stata ritenuta la configurabìlità di atti discriminatori a carico di cittadini extracomunitari;

VI) LE_ DISPOSIZIONI IN TEMA DI RESIDENZA CON PARTICOLARE RIGUARDO ALTO STRANIERO.
ll concetto di residenza in generale è stabilito nell'articolo 46 c.c., e s'identifica nella c.d. dimora abituale.
Per i cittadini italiani, la disciplina dell'istituto si rinviene nella L. n. 1228/1954 (Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente) e nel D.P.R, n. 223/1989 (Approvazione dei nuovo regolamento della popolazione residente).
Per i cittadini extracomunitari< l'articolo 6 c. VII del T.U.L.I. dispone che "le iscrizioni e le variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione", mentre l'articolo 15 del R.A. rimanda ai casi e ai criteri fissati nella L. n. 1228/1954 e nel D.P.R. n. 223/1989, vale a dire alla stessa disciplina valevole per i cittadini italiani.
Inconferente pare, invece, il richiamo - effettuato dalla difesa del Comune - all'articolo 6 c. V del T.U.L.I. ("Per le verifiche previste dal presente testo unico o dal regolamento di attuazione, l'autorità di pubblica sicurezza, quando vi siano fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato"), dato che le "verifiche" cui si riferisce la norma cit:
- non sono quelle che riguardano la dimora abituale (e, quindi, la sussistenza dei requisiti per ottenere la residenza), ma semmai quelle che riguardano il permesso di soggiorno;
- sono comunque demandate all'autorità di pubblica sicurezza", e cioè al Questore o al Prefetto, e non già al Sindaco, che non ha poteri in materia di controllo dell'immigrazione;
- e, infine, non sono autorizzate ad libitum, ma sono pur sempre subordinate alla sussistenza di "fondate ragioni'.
A tale proposito vale la pena di sottolineare che il c. II dell'articolo 14 D.P.R. n. 223/1989 cit, ("Per ottenere l'iscrizione gli stranieri devono esibire anche il permesso di soggiorno dì durata non inferiore a un anno o risultare iscritti nello schedario della popolazione temporanea di uno stesso comune da almeno un anno Se l'iscrizione è effettuata per questo secondo motivo, l'ufficiate di anagrafe deve darne comunicazione alla competente autorità dì polizia") è stato abrogalo.
(1) Comma abrogato dall'articolo 13, d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, conv. in l. 28 febbraio 1990, n. 39.

Infine, per i cittadini comunitari si distingue a seconda che il soggiorno sia invocato fino a 3 mesi o per un periodo superiore: nel primo caso, il diritto non è subordinato ad alcuna condizione o formalità, mentre nel secondo caso il D.L.vo n. 30/2007 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa si diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri) indica le ipotesi in cui esso è consentito (lavoratore subordinato o autonomo, soggetto in grado di disporre di risorse economiche sufficienti per mantenere sé e i propri familiari senza oneri a carico dell'assistenza sociale, iscritto a corsi di studio o di formazione professionale presso istituti pubblici o privati, familiare di uno dei precedenti soggetti), disciplina l'eventualità della perdita dell'occupazione e, infine, indica la documentazione che si deve esibire al fine di ottenere l'iscrizione anagrafica;

VII) CONSIDERAZIONI SPECIFICHE SUL CASO CONCRETO.
Nel caso concreto sottoposto all'attenzione del giudicante, viene impugnata una informativa o circolare che si compone dì due "parti":
- a) la prima parte, relativa a tutti gli stranieri, non ha carattere discriminatorio, in quanto gli elementi ivi indicati paiono finalizzati ad accertare la sussistenza del requisito oggettivo della residenza (e, cioè, la dimora abituale), e valgono tanto per gli stranieri quanto per gli italiani, assicurandosi in tal modo quella parità di trattamento sancita nella materia delle iscrizioni e variazioni anagrafiche dall'articolo 6 e. VII del T.U.L.I. e dall'articolo 15 del R.A..
Tale enunciazione vale anche per quel che riguarda la necessità della produzione del permesso di soggiorno, posto che gli articoli cit. prevedono espressamente che lo straniero, al fine di poter fruire della menzionata parità di trattamento, debba essere "regolarmente soggiornante in Italia". D'altro canto, l'articolo 2 T.UL.C. fissa analoga condizione per il riconoscimento allo straniero del godimento dei diritti in materia civile attribuiti all'italiano. E la recente normativa (articolo10 bis D.L.vo n. 286/1998, introdotto dalla L. n. 94,7009) ha, addirittura, elevato lo stato dì clandestinità a reato, di talché il Comune non potrebbe conferire la residenza all'autore di un illecito penale.
Vi è, dunque, una diversità di trattamento tra italiani e stranieri, ma questa appare pienamente giustificata, e perciò non da luogo ad alcuna discriminazione. In ultimo, sì consideri che il caso dello straniero senza permesso di soggiorno il quale chieda comunque la residenza è divenuto ~ oggi - un caso di scuola, in quanto si dovrebbe ipotizzare che taluno si convinca ad autodenunciarsì solo per avere la residenza 9;
- b) viceversa» la seconda parte, che si riferisce agli extracomunitari ha carattere discriminatorio, in quanto agli stranieri viene chiesto un quid pluris (la documentazione attinente il lavoro, i redditi, la scuola, etc,) che non è domandato agli italiani, i quali, versando nelle medesime condizioni, aspirino a ottenere la residenza. Non vi è dubbio, infatti, che un italiano "disoccupato" possa comunque ottenere la residenza.
L'unico argomento di un ceno peso introdotto dalla difesa del Comune è quello che riguarda la posizione del cittadino comunitario, Ma, al di là della suggestione fornita da un tale argomento, e a prescindere dal fatto che permarrebbe sempre e comunque una discriminazione tra extracomunitario e italiano, pare decisiva la diversità di fondo delle rispettive situazioni, nel senso che quanto richiesto ai cittadini dell'Unione dagli articoli 7-9 D.L.vo n. 30/2007 (e che - tra l'altro - può essere oggetto di una semplice autocertificazione) lo è perché l'iscrizione anagrafica, in questo caso, equivale a titolo di soggiorno nel nostro Paese.
In conclusione, la parte dell' informativa o circolare che si riferisce ai "cittadini extracomunitari, laddove impone la produzione di documenti ulteriori rispetti a quelli richiesti per un cittadino italiano, ha carattere discriminatorio.
Né si può ritenere che tale differenza di trattamento sia oggettivamente giustificata da finalità legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e necessari (ex articolo 3 u.c. D.L vo n. 2157003), in quanto deve ritenersi tutt'altro che "finalità legittima", e tutt'altro che perseguita attraverso "mezzi appropriati e necessari", il rifiuto della residenza a un certo soggetto solo perche disoccupalo o impossidente: a ben vedere, infatti, il Sindaco non potrebbe nemmeno rifiutarsi di concedere la residenza a un soggetto che versi in tali condizioni;

VIII) PROVVEDIMENTI CONLUSIVI
A questo punto, venendo ai provvedimenti concreti da adottare, mentre va accertato - per tutti i ricorrenti e in linea generale - il carattere discriminatorio della II parte dell'informativa o circolare impugnata, con conseguente ordine alla P.A. di sua rimozione, si osserva quanto segue;
- il ricorrente Soufìane Naissi andrà iscritto nell'anagrafe della popolazione residente, a far tempo dal giorno della richiesta, se è vero che l'iscrizione gli è stata negata soltanto per il fatto di non essere stato in grado di produrre i documenti di cui alla informativa o circolare per la parte qui ritenuta discriminatoria;
- non vi è prova di alcun danno subito per effetto della condotta discriminatoria tenuta dal Comune. Invero, i ricorrenti (ivi compreso il cittadino extracomunitario) si sono limitati a rappresentare delle situazioni astratte di potenziale danno (pregiudizio in tema di graduatorie per l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, difficoltà di iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale, etc,), svincolate da un qualsiasi riferimento concreto e attuale, e in ogni caso del tutto indimostrate;
- avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto, non si ritiene indispensabile od opportuna la pubblicazione del provvedimento sulla stampa ex articolo 4 D.L.vo n. 215/2003;
- le spese di lite possono essere così regolate. Il Comune di Montichiari, in quanto soccombente, va condannato a rifondere le spese di lite sostenute dai ricorrenti, liquidate come in motivazione. Nel rapporto ricorrenti/Ministero, invece, malgrado la soccombenza dei primi, si può procedere a una compensazione, tenuto conto dell'ambiguità della questione, anche in relazione al fatto che, nel caso concreto, il Sindaco, sia pure oltrepassando le proprie competenze, ha dichiarato di agire quale "autorità di pubblica sicurezza=, ingenerando quindi e per lo meno il dubbio della legittimazione concorrente del secondo
PQM
- accerta il carattere discriminatorio della II parte dell'informativa o circolare diramata dal Comune di Montichiari, riferita al cittadini extracomunitari", laddove ai fini della concessione della residenza si richiede la produzione dei documenti in essa indicati;
- per l'effetto, ordina al Comune di non tenerne conto ai fini delle richieste di iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente;
- ordina ai medesimo Comune di iscrivere nella suddetta anagrafe il ricorrente Soufìane Naissi, ciò a far tempo dal 30 giugno 2009;
- respinge le ulteriori istanze;
- condanna il Comune di Montichiari a rifondere le spese di lite sostenute dai ricorrenti, liquidate nel complessivo importo di € 4.500,00= oltre accessori di legge;
- spese dì lite compensate nel rapporto tra i ricorrenti e il Ministero dell'Interno.
Si comunichi. Brescia, lì 8 aprile 2010."