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stato civile

Dal sito della Corte Costituzionale, si riporta per intero il comunicato stampa del 9 marzo 2021 relativo alla sentenza n.33/2021 depositata in data 9 marz0 2021  concernente:
"PER TUTELARE I NATI DA MATERNITÀ SURROGATA OCCORRE UN
RICONOSCIMENTO GIURIDICO DEL LEGAME TRA IL BAMBINO E LA
COPPIA CHE SE NE PRENDE CURA
L'ordinamento deve garantire piena tutela all'interesse del minore al riconoscimento
giuridico da parte di entrambi i componenti della coppia che ne hanno voluto la
nascita e che lo hanno poi accudito, esercitando di fatto la responsabilità genitoriale.
È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza n. 33, depositata oggi (redattore
Francesco Viganò), con cui la Corte - come anticipato nel comunicato dello scorso
28 gennaio 2021 - ha deciso la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla
Cassazione sull'impossibilità di riconoscere in Italia una sentenza straniera di
attribuzione dello stato di genitori a due uomini italiani uniti civilmente, che abbiano
fatto ricorso alla maternità surrogata all'estero.
La Corte ha dichiarato inammissibile la questione, ma ha sottolineato la necessità di
un indifferibile intervento del legislatore, al fine di porre rimedio all'attuale
situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore.
La vicenda oggetto del procedimento principale riguardava un bambino nato nel
2015 in Canada da una donna nelcui utero era stato impiantato un embrione formato
con i gameti di una donatrice anonima e di un uomo di cittadinanza italiana.
Quest'ultimo si era sposato in Canada - con atto trascritto in Italia nel registro delle
unioni civili - con un altro uomo, anch'esso cittadino italiano, con il quale aveva
condiviso il progetto genitoriale. In forza di una sentenza canadese, il bambino era
stato quindi iscritto come figlio di entrambi gli uomini nel registro locale dello stato
civile. I due uomini chiedono ora il riconoscimento dell'efficacia di tale sentenza nel
nostro ordinamento.
Davanti alla Consulta hanno depositato opinioni scritte numerosi amici curiae: alcuni
a sostegno della questione sollevata dalla Cassazione (l'Associazione Luca Coscioni,
l'Associazione Radicale Certi Diritti e l'Avvocatura per i Diritti LGBTI), altri
contrari (l'Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie, l'Associazione
Amici dei bambini, l'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e l'Associazione
Famiglie per l'accoglienza).
La Corte costituzionale ha anzitutto ribadito che il divieto, penalmente sanzionato,
di ricorrere alla pratica della maternità surrogata risponde a una logica di tutela della
dignità della donna e mira anche ad evitare i rischi di sfruttamento di chi è
particolarmente vulnerabile perché vive in situazioni sociali ed economiche disagiate.
Tuttavia, la Corte ha osservato che la questione ora sottoposta alla sua attenzione è
focalizzata sui "migliori interessi" del bambino nei suoi rapporti con la coppia
(omosessuale o eterosessuale) che abbia condiviso il percorso che va dal suo
concepimento, in un paese in cui la maternità surrogata è lecita, fino al suo
trasferimento in Italia, dove la coppia si è presa quotidianamente cura del bambino.
In questa situazione - ha osservato la Corte - l'interesse del minore è quello di
"ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che nella realtà fattuale già
lo uniscono a entrambi i componenti della coppia, ovviamente senza che ciò abbia
implicazioni quanto agli eventuali rapporti giuridici tra il bambino e la madre
surrogata". Questi legami sono, infatti, parte integrante della stessa identità del
minore, che vive e cresce nell'ambito di una determinata comunità di affetti; il che
vale anche se questa comunità sia strutturata attorno ad una coppia composta da
persone dello stesso sesso, poiché l'orientamento sessuale non incide di per sé
sull'idoneità ad assumere la responsabilità genitoriale.
Inoltre, il bambino ha un evidente interesse a vedere affermata in capo a costoro i
doveri inscindibilmente legati all'esercizio della responsabilità genitoriale e ai quali
non è pensabile sottrarsi ad libitum.
D'altra parte, la Corte ha riconosciuto che gli interessi del bambino possono essere
bilanciati con la finalità legittima di disincentivare il ricorso alla pratica della
maternità surrogata, vietata dalla legislazione statale; e ha sottolineato come la stessa
Corte europea dei diritti dell'uomo non imponga l'automatico riconoscimento di
eventuali provvedimenti giudiziari stranieri di riconoscimento della doppia
genitorialità ai componenti della coppia (eterosessuale od omosessuale) che abbia
fatto ricorso all'estero alla maternità surrogata.
In tal caso, tuttavia, occorrerà assicurare la tutela degli interessi del bambino al
riconoscimento del suo rapporto giuridico anche con il genitore "intenzionale"
"attraverso un procedimento di adozione effettivo e celere, che riconosca la pienezza
del legame di filiazione tra adottante e adottato, allorché ne sia stata accertata in
concreto la corrispondenza agli interessi del bambino".
In proposito, la Corte ha evidenziato che il ricorso all'adozione in casi particolari,
previsto dall'articolo 44, comma 1, lettera d) della legge n 184 del 1983 e già
considerato praticabile dalla Cassazione, "costituisce una forma di tutela degli
interessi del minore certo significativa, ma ancora non del tutto adeguata al metro
dei principi costituzionali e sovranazionali". L'adozione di casi particolari (la
cosiddetta "adozione non legittimante") non attribuisce, infatti, la genitorialità
all'adottante. Non è chiaro, inoltre, se essa istituisca rapporti di parentela tra
l'adottato e coloro che quest'ultimo percepisce socialmente come i propri nonni,zii,
o addirittura fratelli e sorelle. Infine, questa forma di adozione resta comunque
subordinata all'assenso del genitore "biologico", che potrebbe anche mancare in caso
di crisi della coppia.
In conclusione, il legislatore dovrà farsi carico di una disciplina che assicuri una piena
tutela degli interessi del minore, in modo più aderente alle peculiarità della
situazione, che sono assai diverse da quelle dell'adozione "non legittimante". 
- Sentenza Corte Costituzionale n. 33/2021 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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